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giovedì, settembre 25, 2003

Il primo punto sviluppato da Fedro è che «Eros è un dio grande e meraviglioso» perché è un dio antichissimo. E infatti la mitologia non menziona i suoi genitori, e neppure nessuno tra i pensatori e i poeti ne parlano. Anzi, Esiodo e Acusilao ricordano che per primo si generò Caos; e poi Gaia dall'ampio seno, e poi Eros.
E addirittura Parmenide asserisce che, per la dea, primo assoluto degli dèi tutti fu Eros.
Evidentemente Fedro pensa che l'antichità del dio sia garanzia consolidata della sua bontà. L'antichità attribuità al dio sarebbe espressione della fiducia degli uomini nella sua bontà. E dunque, proprio perché è il dio più antico, da lui non può venire se non tutto il bene possibile. «In quanto è antichissimo, è per noi causa di beni grandissimi».
Da Eros quindi bisogna aspettarsi solo il bene. E infatti, «io non so dire se, per uno che è giovane, ci sia un bene maggiore di un amante meritevole, e per l'amante ci sia un bene maggiore del suo ragazzo amato». Chi è guidato da Eros non desidera altro che «vivere in maniera bella»; questo desiderio non lo infonde se non l'amore.
Infatti, seguendo l'ispirazione di Eros, si nutre «la vergogna per le cose brutte e il desiderio per le cose belle». Che sono sono le condizioni senza le quali «non è possibile né che una Città, né che un privato cittadino facciano cose grandi e belle».
E sul ruolo di Eros nel vivere una vita bella, non possono sorgere dubbi. Un esempio a contrariis. Se "uno che ama" si trovasse a fare qualcosa di brutto o gli accadesse di subirlo senza opporre resistenza, per viltà, ebbene non ci sarebbe dolore più grande che esser veduto dal suo amato. Analogamente per «l'amato»: in analoghe condizioni non potrebbe vergognarsi di più che ad essere scorto dai suoi amanti.

E veniamo al discorso di Fedro di Mirrinunte.
Fedro è il personaggio del dialogo omonimo scritto da Platone. Anche in quel dialogo non fa una bella figura. Salutista, è quasi acriticamente fiducioso nella medicina. Attento alla mitologia, sul piano della ricerca della verità si rivela un po' superficiale. Così appare anche in altro dialogo platonico («Protagora», 315 c). Non è un caso che assista incantato a uno show del sofista Ippia: anche i suoi interessi sono ampi, ma la sua conoscenza assolutamente inadeguata. Ammiratore di Lisia, egli è sincero amante dei bei discorsi ; e tuttavia ... non ne riesce a farne lui stesso uno davvero bello. Crede che la bellezza dei discorsi stia nell'armoniosa e completa costruzione architettonica e negli espedienti retorici. E infatti si fa obbligo mandare a memoria i discorsi fatti dai più abili retori («Fedro», 242 a-b). Per Platone - naturalmente - è la dialettica, il filosofare, che rende belli i discorsi, non certo la retorica.
L'elogio dell'amore, che fa nel «Simposio», è freddo, schematico; il suo discorso, ricco di erudizione, mostra solo un anelito a vedere nell'amore una dimensione di moralità. Eros spinge l'uomo ad agire bene.

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