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martedì, ottobre 28, 2003

Seconda riflessione. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it


Secondo Pausania, quel che dice Fedro è solo un aspetto dell'amore. Dacché il mondo è mondo, c'è un amore bello e uno brutto. Sempre di amore si tratta.
In fondo l'amare è un «agire». E si può agire bene o male. Dunque, il vivere in modo bello, di cui parla Fedro, è l'agire in modo bello.
Il vero amore è appunto un «agire in modo bello». Questo amore nasce quando l'amato e l'amante sono attratti , ciascuno, dall'«anima» dell'altro.
Poi c'è l'altro amore ... l'agire che punta solo al possesso dei «corpi»; un amore che ha interesse per beni non durevoli, e dunque non solo è precario e instabile, ma si spinge sino all'ingiustizia e all'abiezione.
In termini concreti l'amore è un rapporto di servitù volontaria. Tale servitù ha un senso solo se si attua in funzione di una buona causa. Quella cioè che Fedro indica come il perfezionamento morale che promuove la vera felicità.
In forza dell'obiettivo nobile di questa servitù, si giustificano tutte le debolezze umane che contraddistinguono il comportamento dell'innamorato.
Che si tratti di amore di donna o di uomo, oppure di un amore eterofilo o omofilo, poco cambia. Si tratta di amore vero non solo quando si sviluppa libero, non condizionato da ragioni "altre", né funzionalizzato ad "altri" obiettivi, quando cioè non è legato a interessi meschini e non trova la sua unica ragione d'insorgenza negli impulsi sensibili. Ma quando punta alla virtù.
E allora ... qual è il punto di vista di Platone?
Tutto giusto! Ma ancora troppa genericità. Che significa "agire in modo bello"? E poi, non basta parlare di virtù. In che consiste la virtù che caratterizza il vero amore? Quando e come si acquista? Basta dire che in amore si agisce virtuosamente quando non si è attratti dai corpi ma dalle anime?

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