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martedì, marzo 09, 2004

Virtù e fama. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Sopravvivere, dopo la morte fisica, con il ricordo d’una impresa gloriosa: anche questa è una forma d’immortalità.
Diotima ricorda: Alcesti non sarebbe morta per Admeto, e Achille non avrebbe seguito nella morte Patroclo, e il re Codro non si sarebbe offerto ai colpi dei nemici, secondo le indicazioni dell’oracolo, perché Atene fosse salva, senza la prospettiva e il desiderio che la loro virtù sarebbe rimasta per sempre nella memoria dei posteri, dando loro l’immortalità.
Tutti (pántes) – dice Diotima – fanno queste cose (pánta poioûsin) per l’immortale virtù (hypér aretês athanátou) e per una fama tanto gloriosa (dóxes eukleoûs). Ma Diotima sottolinea pure che, in fondo, a muoverli non è altro che l’amore per l’immortalità (toû gàr athanátou erôsin).

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