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sabato, gennaio 31, 2004

Amore delle cose buone. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Diotima, la risposta, la vuole. E tenta di porre la questione in modo che Socrate possa dare una risposta. E propone una via più semplice: sostituire il bello col bene, le cose belle con le cose buone. E dunque, chiede di nuovo, e nella stessa modalità: «chi ama le cose buone, ama (erâ ho erôn tôn agathôn); ma che cosa ama? (tì erâ;)».
A domanda uguale, risposta uguale! Socrate, di rimando: «Che diventino sue»!
A risposta uguale, uguale replica: «E che vantaggio avrà dal venire in possesso delle cose buone?».
Socrate finalmente trova un suo filo. E dichiara: «Ora mi è più facile fornirti una risposta». Dunque, dal bene, dal possesso delle cose buone, l’uomo ricaverà un inestimabile beneficio: «sarà felice» (hóti eudaímon éstai).
Diotima approva: sì, certo, è proprio per il possesso delle cose buone che, quelli che sono felici, sono felici!
E ammette: a questa risposta non ha senso andare oltre con altra domanda. Perché la domanda successiva dovrebbe essere: «Chi vuole essere felice, a che scopo vuole essere felice?». Ma, questa, appunto, è una questione senza senso.
E ... allora?

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