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lunedì, giugno 14, 2004

Il fiore della giovinezza. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Alcibiade s'avvia a parlare del suo rapporto con Socrate. Un rapporto erotico-paideitico. Nell'Atene greco-classica Eros e paideia sono elementi strettamente e inscindibilmente connessi. Lo si è detto: l'amante s'impegna ad offrire tutto quanto aiuti il giovanetto a crescere, a maturare, intellettualmente e sentimentalmente. L'amato s'impegna ad offrire i suoi favori al maturo amante, e soprattutto a seguire le sue indicazioni formative. E dunque, questo è il senso delle parole di Alcibiade: «bisognava far subito ciò che Socrate ordinava!».
Nel racconto che Alcibiade sta per fare si ritrovano certamente aspetti molto personali del rapporto erotico; ma vengono in evidenza anche gli aspetti - si direbbe - di procedura codificata nella società ateniese. Come quello che ... il giovinetto va in giro accompagnato, e rimane solo col maestro solo quando questi ha - per così dire - reso formale il rapporto. Che nasce sempre da una duplice tendenza attrattiva dell'uno verso l'altro.
Alcibiade racconta che da giovanissimo egli aveva una considerazione veramente straordinaria del fiore della sua giovinezza. Sicché, agl'inizi, egli aveva pensato che Socrate potesse prendere sul serio questa sua bellezza, questa sua grazia giovanile (espoudakénai epì tê emê óra). Pensava che un rapporto pieno con quest'uomo saggio fosse un tesoro da non perdere (hérmaion), una fortuna straordinaria (eutýchema). Egli era dunque davvero convinto dell'opportunità di concedere a Socrate i suoi favori, in cambio della possibilità di ascoltare e far proprio tutto ciò che lui sapeva.

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