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lunedì, febbraio 16, 2004

Del bene e del bello. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Tutti gli uomini sono gravidi (kuoûsin). Tutti hanno da generare: sia secondo il corpo e sia secondo l'anima. È per questo che, in un certo periodo della nostra vita, la nostra natura brama partorire (tíktein epithymeî hemôn he phýsis).
Partorire, produrre. Ma che cosa? E in quali condizioni?
Ma naturale! Generare qualcosa di “buono” e nelle condizioni più “belle”.
Si guardi al partorire secondo il corpo. C’è bisogno di bellezza. Generare «nel brutto» (en aischrô) non è possibile. Solo «nel bello» (en kalô) . Senza la bellezza non ha luogo l'unione (synousía) dell'uomo e della donna che sta all’origine del parto.
Quest’unione è qualcosa di divino (theîon tò prâgma). La gravidanza (he kúesis), e la generazione (he génnesis), è quanto c’è d’immortale (toûto athánaton) nell’essere mortale (en thnetô ónti tô zôo).
E proprio perché divine, immortali, queste cose non possono aver luogo in condizioni di disarmonia (en tô anármoston) rispetto al divino. E poiché è il brutto l’assolutamente disarmonico rispetto al divino, ossia ciò che per essenza è assolutamente disomogeneo al divino, allora queste cose - gravidanza e generazione – non possono aver luogo se non nell’armonia, nel segno della bellezza. Solo la bellezza è in armonia col divino. Solo la bellezza è l’"ambiente" adatto per generare.

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