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venerdì, novembre 28, 2003

E se venisse Efesto … 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it


Aristofane procede per scenari totalmente immaginari.
Supponiamo che, proprio «mentre giacciono insieme», ai due amanti si avvicinasse Efesto, con i suoi attrezzi, e domandasse loro che cosa ognuno desideri ottenere davvero dall'altro.
E supponiamo che, alla loro incertezza, Efesto replicasse che se il loro desiderio fosse di «diventare la medesima cosa l'uno con l'altro», in modo da non potersi lasciare né giorno né notte, egli, Efesto, sarebbe stato in grado di soddisfare la loro aspirazione, fondendoli insieme per tutta la vita: essi dunque sarebbero diventati una sola unica cosa, e avrebbero vissuto insieme, non solo qui in terra ma anche dopo la morte, una stessa unica vita».
Ebbene, che cosa pensiamo che gli amanti risponderebbero?
Per Aristofane non c’è dubbio: «Neppure uno direbbe di no. Né direbbe di desiderare altro. Ognuno direbbe di avere udito finalmente proprio quello che desiderava ascoltare da tempo»!
Il loro unico desiderio è «da due diventare uno»: «ek duoîn eîs genésthai». Insomma, ritornare «alla nostra antica natura»: «he archaía physis».
Eros dunque non è altro che «desiderio e aspirazione dell'intero».
Il nome Eros – dice testualmente Aristofane – non si riferisce ad altro che «toû hólou oûn tê epithymía kaì dióxei».

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