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lunedì, novembre 10, 2003

La potenza di Eros. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Siamo alla fine del discorso di Erissimaco. Il quale ha sì parlato dell'amore come di un principio naturale, ma, attraverso le considerazioni sulla mantica, ora può «chiudere» nel rispetto formale dal patto stipulato tra i convitati: fare un elogio di Eros.
Dunque - dice Erissimaco - Eros è una forza grandissima, ha una potenza universale (pâsan dynamin).
L'amore che mira alle cose buone (tagathá), quello che si accompagna a temperanza e a giustizia (metà sophrosynes kaì dikaiosynes), ha la più grande potenza (tèn megísten dynamin), e ci procura ogni felicità (pâsan eudaimonían). Esso fa sì che gli uomini siano capaci di stare insieme tra loro, e li rende amici (phílous) degli dei.
Ma prima di abbandonare l'intervento di Erissimaco, va ricordato quanto Léon Robin segnala a proposito di questo discorso.
Erissimaco è medico, e resta tale anche quando parla ad esempio di culinaria o di mantica. Tutte le arti - musica, poesia, danza - devono seguire il protocollo proprio della medicina. L'obiettivo: dare una regola ai piaceri perché non producano danno, ovvero rimuovere la predominanza di uno dei contrari per ristabilire l'armonia. Dunque, chi esercita una tecnica, deve fare anzitutto la «diagnosi», per individuare l'eventuale patologia, assicurare l'«igiene», vegliando sulle «tendenze amorose» in modo da preservare da funeste seduzioni, e infine, laddove sia necessario, fare «terapia» adeguata.
Visto sotto altro punto di vista si potrebbe dire - come suggerisce Robin - che in fondo «il problema posto da Erissimaco è un aspetto del problema dei rapporti tra arte e morale»!

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