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venerdì, novembre 07, 2003

Musica e cibo. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it


Prima s'è detto, a proposito dell'amore tra gli uomini, che «bisogna concedere i propri favori» ai temperanti, a quelli che sono equilibrati (toîs kosmíois tôn anthrópon); li si possono concedede anche a quelli che non lo sono ancora, ma proprio affinché diventino più temperanti; e s'è detto pure che bisogna darsi da fare per «ben conservare il loro amore».
Questo principio - per Erissimaco - vale anche per la musica. E quando questo si verifica ... ecco «l'amore bello, l'amore celeste, l'amore della Musa Urania».
Contrapposto a questo c'è, anche in musica, l'amore volgare, quello che mira al solo piacere: appunto, l'amore di Polimnia.
Ebbene, quanto a questo secondo, «bisogna offrirlo con cautela a coloro ai quali se ne fa dono, affinché se ne goda il piacere (tèn hedonén) senza che si generi alcuna intemperanza (akolasían medemían)».
E' difficile, certo, coltivare la temperanza. L'«uso retto dei desideri» e la loro corretta soddisfazione, in musica, è cosa difficile altrettanto che in culinaria!
L'arte vera, in musica e in culinaria, sta nella capacità che vengano soddisfatti i desideri (epithymías) in modo che se ne godano il piacere senza cadere in qualche malattia (áneu nósou).
«Dunque, e nella musica e nella medicina, e in tutte le altre cose - umane e divine - bisogna, per quanto è possibile, cercare di cogliere l'una e l'altra forma di Eros (hekáteron tòn Érota), perché sono presenti ambedue in tutte le cose.

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