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sabato, luglio 17, 2004

Ma quel che fece e sopportò il forte eroe ... 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Citando questo verso dell'Iliade IV, 242 di Omero, Alcibiade si accinge a raccontare l'evento più strano a cui gli è capitato di assistere.
Un giorno Socrate è rimasto in piedi, fermo, sempre al medesimo posto. E per tutta la notte, fino all'alba. Evidentemente pensava (phrontízon). Meditava. Ricercava (skopôn). E non desisteva poiché non riusciva a venire a capo del problema su cui si arrovellava. Fattosi mezzogiorno, ormai tutti s'erano accorti del fatto. E tutti cominciarono a commentare la cosa con stupore (thaumázontes). Arrivò la sera. Alcuni soldati ionici, dopo aver cenato, portarono fuori il loro letto da campo. Era estate. E, mentre distesi riposavano al fresco, lo tenevano d'occhio: volevano vedere se restava là, in piedi, per tutta la notte. Non furono delusi. Socrate davvero rimase in piedi, a pensare, finché all'alba si levò il sole. Solo allora, rivolta una preghiera al sole (proseuxánenos tô helío), si mosse e se ne andò.

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