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sabato, luglio 24, 2004

Un baro. Un ingannatore. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Alcibiade ha concluso il suo elogio a Socrate. Dati i loro rapporti, non poteva essere, il suo, che un elogiare/biasimare. Rapporti, dal punto di vista di Alcibiade, fatti di desideri insoddisfatti, di gioie mutile, di aspettative smentite. Attraversati, dunque, da speranze e delusioni.
Delusioni ... Anche Socrate, a dire il vero, era deluso del suo discepolo. Anche per lui aspettative mancate, attese ... disattese. Questo giovane di bella intelligenza, e dunque di belle speranze, era riluttante ad un percorso d'amore che, come Socrate intendeva, implicava scelte rigorose, vivo desiderio di conoscenza, inesauribile impegno nella "ricerca". Invano Socrate aspettava il guizzo decisivo; Alcibiade era attratto da altre cose. Preferiva l'esteriore all'interiore, l'apparenza alla sostanza, il successo pubblico alle gioie della comprensione intellettuale.
Ma ora la parola la tiene Alcibiade, che, in conclusione, porta a compimento la sua sottile vendetta. Lancia la sua accusa di amato disilluso e offeso: Socrate è un bluff, è un truffatore. Ti fa credere chissà che, e poi ... Ti prospetta una cosa e poi cambia le carte in tavola.

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