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giovedì, luglio 22, 2004

Discorsi divinissimi. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Quanto ai discorsi, nessun paragone. Non c'è altra persona simile a Socrate. Per intendere come stanno le cose - ripete Alcibiade - è opportuno far ricorso ... ai Sileni e ai Satiri.
I suoi discorsi (hoi lógoi), infatti, assomigliano moltissimo (homoiótatoí eisi) ai Sileni (toîs silenoîs), alle statuette che si aprono (toîs dioigoménois). Dunque, occorre distinguerne l'esterno e l'interno.
Essi appaiono, a tutta prima (tò prôton), del tutto ridicoli (àn pány geloíoi). Ridicoli i termini adottati (kaì onómata), ridicole le espressioni usate (kaì rhémata). Infatti Socrate non fa che parlare di asini da soma, di fabbri, di calzolai, di conciapelli; e sembra ch'egli dica sempre le medesime cose usando proprio le stesse parole. Insomma, chi non ha consuetudine con lui, alla fine, non comprendendo l'oggetto e il fine di quel ch'egli dice, dei suoi discorsi non può che riderne.
Ma si tratta solo di un rivestimento esterno: come la pelle di un arrogante Satiro (satýrou dé tina hybristoû dorán).
Se si riesce a vederli aperti (dioigoménous dè idòn án) ... se si riesce ad entrare in essi ... No, non sono i soliti discorsi. Sono i soli, tra tutti quelli che si ascoltano, che dentro hanno un pensiero (noûn échontas éndon mónous tôn lógon). Discorsi divinissimi (theiotátous)! Portatori, all'interno, di moltissime immagini di virtù (pleîsta agálmat'aretês en hautoîs échontas). E poi discorsi ad ampio spettro: non c'è aspetto della vita dell'uomo che non sia affrontato. Discutono proprio di tutte quelle cose (epì pân) sulle quali deve riflettere (hóson prosékei skopeîn) colui che vuole diventare un uomo perfetto: un uomo interiormente bello e buono (tô méllonti kalô kagatô ésesthai).

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