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sabato, luglio 10, 2004

Armi d'oro e armi di bronzo. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Alcibiade - secondo Socrate - vedrebbe in lui una bellezza straordinaria (améchanon kàllos) di tipo molto diverso dalla sua propria bellezza. Quella di Alcibiade è avvenenza fisica (eumorphía), quella di Socrate invece sarebbe solo una bellezza interiore. Dunque Alcibiade vorrebbe "intensificare" i rapporti nella speranza - o meglio nell'illusione - di "scambiare bellezza con bellezza" (alláxasthai kállos antì kállous). Egli dunque - sottolinea Socrate operando un scarto ironico - pensa di trarre non poco vantaggio ai suoi danni! In cambio dell'apparenza del bello, egli aspira a conquistare la verità del bello (antì dóxes alétheian kalôn ktâsthai epicheireîs)!
E citando elegantemente il verso Iliade XI 514, Socrate aggiunge: sarebbe come scambiare armi d'oro con armi di bronzo (tô ónti 'chrýsea chalkeíon' diameíbesthai); sì, perché la mia bellezza non ha alcun valore.
Quindi esorta Alcibiade. Guarda meglio (ámeinon skópei)! Se tu avessi guardato davvero con la vista della mente, la cosa non ti sarebbe sfuggita. Il fatto è che non te ne sei accorto; dunque non sei ancora in grado di esercitare quello sguardo. "La vista della mente (hé tês dianoías ópsis)impara a vedere in modo acuto (árchetai oxý blépein), quando quella degli occhi (hótan he tôn ommáton) incomincia a perdere la sua acutezza (tês akmês légein epicheirê), e tu, da questo, sei ancora lontano (sý dè toúton éti pórro)".

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