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venerdì, giugno 04, 2004

... fa battere il cuore, fa sgorgare le lacrime ... 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Sì, anche Alcibiade. Anche lui, a sentire i discorsi di Socrate, ne restava stordito e posseduto. E ne resta ancora. E questa sua esperienza la vuole proprio raccontare, descrivere. Ma gli dispiacerebbe sul serio se le sue parole fossero liquidate come discorsi da ubriachi!
Ma sì - inizia Alcibiade -, nell'ascoltare le sue parole, mi batte il cuore (hé te kardía pedâ) e mi vengono le lacrime (kaì dákrua ercheîtai), che è esattamente la cosa che accade a tante altre persone (állous pampóllous tà autà páschontas). No, non è come quando ascoltavo Pericle. Di molti bravi oratori ho spesso pensato che parlavano bene; ma certamente nessuno, con i suoi discorsi, ha mai messo in tumulto la mia anima; nessuno ne ha mai destato la rabbia, che è fatto naturale quando ci si sente come se si fosse schiavo (hos andrapododôs diakeiménos)! Ecco, è questo che provavo e provo all'ascolto delle parole Socrate. Novello Marsia, spesso (pollákis) mi ha sconvolto fino a tal punto da indurmi a pensare che, in fondo, non vale la pena vivere come vivo io, comportarsi come mi comporto io. No, non è la sensazione di un momento. Anche ora non saprei opporre resistenza (ouk àn karterésaimi) ai suoi discorsi: la mia anima ne viene catturata. E dunque, anche ora proverei proprio le medesime cose (tautà àn paschoimi), anche adesso proverei le stesse emozioni.

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