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lunedì, maggio 10, 2004

In vetta. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

La contemplazione del bello in sé è il momento più alto della vita dell'uomo. È l'esperienza più alta che possa toccare ad un essere umano. A rendere speciale quell'esperienza è l'oggetto stesso della contemplazione.
Il bello in sé «sembrerà ben superiore all'oro, alle vesti». Anzi, sembrerà cosa più importante persino di quei bei ragazzi e di quei bei fanciulli, dalla cui bellezza molti, a vederli, restano turbati e per i quali molti, presi dall'amore, sarebbero disposti finanche a rinunciare a mangiare e bere.
Che cosa non si farebbe per poter vedere il giovanetto amato; e che cosa non si oserebbe per poter stare sempre insieme con lui!
Ebbene, si pensi. Non è cosa davvero sublime vedere il Bello in sé, il Bello assoluto, puro, non mescolato, non contaminato da elementi caduchi, come la corporeità, i colori? È una vita davvero eccellente quella di chi guarda e contempla il Bello privo di tutte le «piccolezze mortali»! È un'esistenza speciale quella di chi sia capace di contemplare, con la sola sua intelligenza, il Bello come forma unica (monoeidés), e riesca a rimanere permanentemente unito a questo Bello divino (tò theîon kalón)!

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