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lunedì, aprile 26, 2004

Il vasto mare della bellezza. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Non a caso Platone ha parlato di schiavitù. La bellezza, specialmente la bellezza dei corpi, … lega l’anima, la vincola a sé: crea dipendenza! Chi ama una singola bellezza si mette al suo servizio, in una sorta di schiavitù consapevole, «come un uomo da poco e d’animo meschino» (douleúon phaûlos ê kaì smikrológos). Infatti lo stesso Platone evidenzia anche che, chi sia giunto al punto più alto del percorso, rivolgerà lo sguardo al vasto mare della bellezza (epì tò poly pélagos tetramménos toû kaloû), e, contemplandolo (theorôn) con animo finalmente libero, lascerà scaturire molti discorsi, e tutti belli, (polloùs kaì kaloùs lógous), anzi splendidi (megaloprepeîs). E, privo di vincoli, senza invidia e senza avarizia, da vero amante del sapere, concepirà pensieri filosofici (dianoémata en philosophía), fino a che, cresciuto e rafforzato, riuscirà a cogliere, quasi vedendola, quella «conoscenza unica» (epistémen mían) relativa al bello.

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