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sabato, febbraio 14, 2004

Amare è ... generare. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Ma che significa “entrare in possesso" del bene?
Di più: che significa “tenere” il bene con sé per sempre?
L’amore non è uno “stato”. È desiderio, tendenza. È “movimento”
Detto in altri termini: qual è la maniera (trópon) per “tenere” con sé il bene per sempre? Se l’amore è movimento, se è un fare, quali sono gli atti (práxeis) in cui prende corpo la tendenza – l’impegno (spoudé), lo sforzo (syntasis) – a tenere per sempre il bene con sé?
Questa è la domanda posta dalla donna di Mantinea. Socrate deve ammettere di non aver tanta sapienza (sophía) per rispondere, e che, appunto, è proprio per imparare queste cose che è venuto dalla sacerdotessa.
E questa non si sottrae alle aspettative. L’azione amorosa non può assumere altra forma che quella del «parto» (tókos). Amare è sempre un “partorire”. Il bene lo si possiede per sempre “producendolo” continuamente. Eros è desiderio di procreare, sia secondo il corpo (katà tò sôma) che secondo la mente (katà tèn psychén).
Socrate proprio non capisce. E tanto meno capisce che l’amore è un «parto nella bellezza» (tókos en kalô). Nella bellezza? E che vorrà dire quest’espressione?

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