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lunedì, dicembre 29, 2003

Esperto, sì, ma di cose d’amore. 

A cura di Giuseppe Tortora.
E mail: tortora@unina.it

Socrate si sofferma soprattutto sulla parte finale del discorso di Agatone: colpiva «la bellezza delle parole e delle espressioni» (kállos tôn onomáton kaì rhemáton).
Platone non usa le parole a caso: dunque, bellezza e non verità; parole e non idee; espressioni e non argomentazioni.
E allora, in che cosa consiste questa bellezza? Socrate fa un riferimento a Gorgia, il grande retore siciliano, di Lentini, molto noto ad Atene. Ecco, Agatone ha fatto un discorso come l’avrebbe fatto il sofista. Immagini poetiche e tanti espedienti retorici, come assonanze, allitterazioni, ripetizioni, corrispondenze, antitesi, metafore. Naturalmente, come s’accennava, in quel discorso non c’è traccia di un pensiero «filosofico» sull’amore.
Socrate mostra fastidio all’idea del dover gareggiare. La gara allontana dalla verità: fa parte dell’ideologia che sta a fondamento della formazione sofistica e non ha nulla a che fare con la ricerca del vero.
Quindi, producendosi in sottile ironia, Socrate dichiara di essere stato uno sciocco ad accettare di competere in discorsi con convitati del calibro di Agatone. Egli, sì, è un «esperto», ma «nelle cose d'amore» (deinòs tà erotiká): non di «elogi»!

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