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mercoledì, settembre 17, 2003

Prende la parola Pausania. Ricordando che nella festa del giorno prima nessuno si è limitato troppo col vino, invita a bere, ora, con moderazione. Aristofane è d'accordo. Erissimaco, il medico, scherzando un po' sull'alta resistenza all'ubriacatura di Agatone e Pausania, fa un elogio di Socrate, che riesce a stare sempre bene, sia con poco che con molto vino.
Nel dialogo, questo elogio di Socrate, fatto da Erissimaco, anticipa quello analogo espresso molto più avanti da Alcibiade, il quale segnala a tutti che Socrate «beve tanto quanto uno gli chiede di bere e non c'è modo che si ubriachi» («Simposio», 214 a).
Erissimaco poi ricorda che, dal punto di vista medico, l'ubriachezza (he méthe) è pericolosa (chalepòn) per gli uomini. Sicché, «tutti furono d'accordo (sugchoreîn) di stare insieme senza ubriacarsi, ciascuno bevendo a proprio piacimento» («Simposio», 176 a-e). L'espressione in italiano non rende la pregnanza del testo. Lo «stare insieme» è indicato con «synousía», che evidenzia l'aspetto relazionale dello stare nello stesso luogo, avendo acquistato, il termine, una latitudine semantica che va dalla convivenza fino al reciproco coinvolgimento del rapporto sessuale e all'intimità dell'unione coniugale. E il «bere a proprio piacimento», espresso con «pínontas pròs hedonén», dovrebbe essere inteso come il bere in modo che dal vino se ne tragga solo piacere, ovvero senza che l'eccesso, con le sue spiacevoli conseguenze, ne pregiudichi il piacere.

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