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giovedì, settembre 18, 2003

Deciso dunque, di comune accordo, che «ciascuno beva quanto voglia (pínein hóson àn hékastos boúletai), senza che ci sia alcuna costrizione», Erissimaco propone di mandare via la suonatrice e di «passare assieme il nostro tempo (allélois syneînai tò témeron) discorrendo (dià lógon)». («Simposio», 176 e)
E suggerisce . . .
Erissimaco ricorda che a più riprese Fedro ha segnalato una stranezza: inni e peani (hymnous kaì paíonas) sono stati composti dai poeti (hypò tôn poietôn) per quasi tutti gli dei; invece per Eros, «che è un dio così grande e così potente», nessuno fra i tanti poeti ha mai composto un encomio (egkómion)? Né le cose vanno meglio con coloro che scrivono in prosa, come i bravi sofisti (toùs chrestoùs sophistàs); Prodico ha fatto un encomio di Eracle; addirittura un sapiente ha scritto l’elogio del sale! Insomma «nessuno ha avuto l'ardire di celebrare con inni (hymnêsai) degnamente Eros!»
Ecco – suggerisce Erissimaco - «mi sembra anche conveniente che in questa circostanza noi, qui presenti , rendiamo onore (kosmêsai) a questo dio». Allora, «per passare in modo opportuno il nostro tempo nei discorsi», sarebbe conveniente che ognuno, a turno, procedendo verso destra, pronunci «un discorso, il più bello che sia possibile». Dunque, cominci Fedro, che è disteso al primo posto e inoltre, «è padre di questo discorso».
E Socrate: «Nessuno, o Erissimaco, respingerà la tua proposta. Non certo io, che dico di non conoscere nient'altro che le cose d'amore» (hòs oudén phemi állo epístasthai è tà erotiká); dunque, «incominci Fedro con buona fortuna, e presenti il suo elogio di Eros».(«Simposio», 177 a-e).

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